EditorialEil concetto di “intelligenza”: utile o inutile?
Questo editoriale discute i recenti sviluppi nella concezione dell’intelligenza alla luce delle prove sperimentali, in particolare nel lavoro sul tempo di reazione e sui potenziali evocati medi. Si sostiene, in primo luogo, che la concezione di un fattore generale di intelligenza non dovrebbe essere abbandonata, come molti ricercatori recenti hanno suggerito, ma non è solo utile ma necessaria per spiegare i dati empirici forniti dall’analisi fattoriale di conferma, dal ridimensionamento multidimensionale e così via. Si sostiene inoltre che i tentativi di spiegare le differenze nel funzionamento cognitivo in termini di apprendimento, variabili culturali e ambientali e fattori educativi non possono tenere conto di prove recenti che mostrano alte correlazioni tra processi fisiologici elementari (potenziali evocati) e percettivo-motori (tempi di reazione, tempi di movimento, tempi di ispezione) e QI. Si suggerisce che la controversia circa il significato di intellegence è stato dovuto in gran parte a un fallimento di osservare la triplice natura di intelligenza, e che qualsiasi teoria adeguata deve tener conto dei dati sperimentali e considerazioni teoriche qui riassunti. Insieme questi hanno dato origine a un “nuovo aspetto” nella concettualizzazione dell’intelligenza (Eysenck, 1986).