Timing è tutto per il trattamento di insufficienza cardiaca con pacemaker

Le persone con insufficienza cardiaca congestizia sono spesso dato pacemaker per aiutare i loro cuori pompa in modo più efficiente. Ma i medici sono stati perplessi da circa il 40 per cento delle persone date quei dispositivi che non vanno meglio.

Spesso finiscono in ospedale o muoiono. Ora i ricercatori dicono di aver capito il problema. Si trattava di dare i dispositivi ai pazienti i cui cuori non erano così sincronizzati per cominciare.

Circa 200.000 persone con insufficienza cardiaca congestizia hanno impiantato i dispositivi dal 2006 al 2009. L’obiettivo era correggere un ritmo cardiaco anormale che colpisce molte persone con insufficienza cardiaca, rendendo le due potenti camere di pompaggio del cuore, o ventricoli, contratte fuori sincrono. Ciò riduce la quantità di sangue pompato.

E poiché le persone con insufficienza cardiaca congestizia hanno già un muscolo cardiaco debole, quel pompaggio inefficiente può essere un grosso problema.

Dopo un po’, però, è diventato chiaro ai cardiologi che molte persone non venivano aiutate dagli impianti. Ma gli studi non sono stati in grado di inchiodare il problema. “Volevamo guardare i dati degli studi clinici con più attenzione”, dice a Shots Ilke Sipahi, cardiologo presso l’University Hospitals Case Medical Center di Cleveland. Così lui ei suoi colleghi scricchiolava numeri da cinque studi clinici che coinvolgono 5.813 pazienti.

Hanno scoperto che le persone i cui ritmi cardiaci erano fuori da più di 150 millisecondi beneficiato di un pacemaker, mentre le persone con una variazione inferiore a 150 millisecondi ottenuto nessuno. I loro risultati sono stati pubblicati online oggi negli Archives of Internal Medicine.

Semplice, giusto? Bene, il problema è che le attuali linee guida di organizzazioni come l’American Heart Association raccomandano anche pacemaker per le persone con variazioni da 120 a 150 millisecondi. “Non ne traggono alcun beneficio”, dice Sipahi.

Non solo non beneficiano, ma i pacemaker sono costosi. Sono inseriti con un intervento chirurgico, portando con sé il rischio di infezione. E gli speciali pacemaker a tre conduttori usati sui pazienti con insufficienza cardiaca sono difficili da installare. Sipahi non pensa che sia un problema nel motivo per cui non funzionano per molti. Invece, dice, è una chiara questione di scoprire quando i dispositivi funzionano, e quindi applicare quella lezione alla pratica quotidiana della medicina.

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